Batterie e pile sono oramai presenti in ogni abitazione, eppure sono in pochi a sapere come funzionano. Cerchiamo di capire insieme come funziona una pila elettrica.
Ecco come nasce la batteria elettrica
Chi ha inventato la pila elettrica? Alessandro Volta, che si è basato sugli studi di vari scienziati vissuti prima di lui. Tra questi bisogna ricordarsi di Peter von Mosschenbroeck, Luigi Galvani e Jurgen Georf von Kleist.
In particolar modo, il signor von Mosschenbroeck diede un’importante spinta alle ricerche di Volta, grazie alla creazione di un condensatore di elettricità, il primo prototipo della pila.
Nonostante l’elettricità fosse ormai ampiamente conosciuta e studiata ai tempi di Volta, non si riusciva a capire come imprigionarla in un oggetto per poterla usare successivamente. Un’idea la ebbe Alessandro Volta, creando la prima pila e ottenendo anche la piena paternità della sua invenzione.
Al giorno d’oggi, ogni strumento che funziona grazie all’elettricità, sull’etichetta riporta sicuramente varie scritte, tra cui si può notare anche la lettera V. Come puoi intuire, tale lettera sta per Volt (derivato da Volta) e serve ad indicare il valore di tensione elettrica supportata dal dispositivo.
Dopo la vita di Alessandro Volta, la sua invenzione ha continuato una rapida e interessante evoluzione grazie agli sforzi di altre persone. Oggigiorno, la batteria elettrica è molto differente da quella del 1800, anno in cui l’invenzione dell’italiano fu brevettata. Non solo: è cambiato anche il suo aspetto estetico, oggi molto differente da quello delle origini.
Il funzionamento alla base delle pile
All’inizio la pila elettrica era abbastanza semplice: consisteva in una singola colonna costruita da vari elementi voltaici. Questi erano costruiti principalmente con dei dischi di zinco a cui si alternavano quelli di rame, a loro volta separati da un panno precedentemente imbevuto in una soluzione fatta di acqua e acido solforico.
Tale pila poteva essere caricata e manteneva l’elettricità per un certo periodo di tempo. Questa sua caratteristica veniva meno con il passare del tempo.
Al giorno d’oggi, la pila funziona convertendo l’energia chimica in quella elettrica e include due scomparti differenti che vengono chiamati semicelle. Una semicella contiene delle sostanze che vengono ossidate; l’altra ospita delle sostanze che vengono ridotte. Alla base del suo funzionamento, quindi, c’è una reazione chimica chiamata Redox, ovvero ossidoriduzione.
Alla base di questa riduzione c’è uno scambio di elettroni: una semicella li guadagna e l’altra li perde. Così si crea il flusso di energia elettrica. Non appena nella batteria ci sarà l’equilibrio tra le due semicelle, la pila sarà scarica: le reazioni di ossidoriduzione non potranno più essere eseguite.
Come funzionano le pile ricaricabili?
Come ben saprai, oltre alle batterie tradizionali, che siano batterie a bottone, aa stilo, aaa ministilo o acustiche, esistono anche le pile ricaricabili. Queste raramente vengono usate per fini domestici: hanno una bassa praticità ed un alto costo. Le puoi trovare molto più spesso, invece, nel settore industriale. Ne esistono molte tipologie, ma il loro funzionamento è semplice da capire. Queste pile includono varie celle con una tensione variabile (solitamente al livello di 1,4-1,6 Volt).
Una volta che queste pile si scaricano, possono essere collegate ad un apposito dispositivo che permette la ricarica delle celle. In questo modo si potrà continuare a usarle, ma bisogna stare attenti al cosiddetto “effetto memoria“.
Quest’ultimo è tipico soprattutto delle pile NiMH o di quelle NiCd e si manifesta nel caso in cui la ricarica avvenga prima che tutte le celle della pila siano scariche. Se succedesse, la pila mostrerebbe l’effetto memoria: vale a dire che ricorderebbe la percentuale che aveva quando è stata ricaricata.
L’effetto memoria è uno dei motivi per cui una pila elettrica ricaricabile non potrà essere utilizzata per sempre. L’altro è che la capacità di ossidazione, con il trascorrere del tempo, si esaurisce ed il processo alla base diventa impossibile da svolgere.
Che differenza c’è tra le pile AA e AAA?
Le pile AA e AAA sono tra le più comuni batterie utilizzate in dispositivi domestici e portatili. La differenza principale tra le due riguarda le dimensioni e la capacità energetica. Le pile AA, infatti, sono più grandi, con un diametro di circa 14,5 mm e un’altezza di 50,5 mm, mentre le pile AAA hanno un diametro di 10,5 mm e un’altezza di 44,5 mm.
Questa differenza nelle dimensioni si riflette anche nella variazione della capacità di immagazzinamento dell’energia: le pile AA riescono a immagazzinare più energia rispetto alle AAA, quindi risultano adatte per dispositivi che richiedono un consumo maggiore e continuativo di energia, come fotocamere digitali, giocattoli elettronici e strumenti musicali portatili.
Le pile AAA, d’altra parte, sono utilizzate in dispositivi più piccoli e con un consumo energetico inferiore, come telecomandi, orologi da parete e piccoli gadget elettronici. Entrambe le tipologie possono essere alcaline, al litio o ricaricabili, ma le pile AA ricaricabili tendono ad avere una durata maggiore rispetto alle AAA dello stesso tipo.
Come scegliere le pile elettriche giuste in base all’utilizzo che se ne deve fare
La scelta delle pile elettriche giuste dipende da vari fattori, tra cui il tipo di dispositivo, la frequenza d’uso e la durata desiderata. Per dispositivi ad alto consumo energetico, quelle al litio o le ricaricabili sono ideali.
Per apparecchi che consumano meno, la durata delle pile alcaline è sufficiente. Sono anche più economiche e facilmente reperibili. Tuttavia, se si prevede un uso frequente e prolungato del dispositivo, è preferibile optare per le pile ricaricabili che, anche se più costose, rappresentano una scelta ecologica e durano di più.
Infine, alcuni apparecchi potrebbero richiedere pile con una tensione specifica o con una determinata capacità di corrente. Per evitare problemi di compatibilità, dunque, è consigliabile controllare queste informazioni nel manuale d’uso del dispositivo.